Come nel mito della Caverna di Platone, dove i prigionieri, limitati a vedere solo ombre, credono che quelle siano la realtà, così anche noi rischiamo di vivere un’esistenza illusoria se non prendiamo coscienza dei nostri meccanismi interiori. Solo chi è consapevole di sè può trovare un equilibrio profondo con se stesso e divenire risorsa nei contesti che vive, migliorando le proprie relazioni e l’efficacia delle proprie azioni.

"Non vediamo le cose nel modo in cui sono, le vediamo nel modo in cui siamo."
Talmud
Ognuno di noi vive la propria esistenza traducendola in un universo unico e personale, costruito su simboli, significati e sensazioni che spesso operano al di sotto della superficie della coscienza.
Non siamo in grado di vedere la realtà così come essa è, ma la filtriamo attraverso i nostri occhi, la nostra mente, il nostro cuore e la nostra esperienza personale.
La realtà è solo una nostra idea di realtà. Questo processo di traduzione avviene in modo quasi automatico, spesso senza che ce ne rendiamo conto. Per esempio, quando incontriamo una persona per la prima volta, la nostra percezione di lei non è il risultato di una conoscenza oggettiva e universale, ma di una combinazione di impressioni, emozioni e aspettative che portiamo con noi, frutto del nostro vissuto.
I nostri sensi e il nostro cervello, infatti, tendono a reinterpretare, selezionare e talvolta deformare le informazioni e gli stimoli che riceviamo. La lettura di una situazione non è mai neutra: è sempre il risultato di una trasformazione che avviene all'interno di ciascuno di noi. Questo accade quando viviamo un evento che ha un forte impatto emotivo, ma anche quando siamo lucidi e in grado di attivare tutte le nostre risorse.
Questa prospettiva ci porta ad un’importante riflessione: la conoscenza non è oggettiva e perfetta, ma sempre relativa e personale. Ogni nostro pensiero è di per sé influenzato da meccanismi inconsci e altamente variabili in base al nostro stato d’animo del momento. Lo stesso feedback di un collega, ricevuto in due momenti diversi della giornata, potrebbe avere su di noi un effetto completamente opposto. L’amore, la paura, il rancore, la speranza sono tutti filtri emotivi che plasmano il nostro modo di vedere il mondo. Allo stesso modo, anche la nostra memoria è plastica e non statica. Un ricordo agirà su di noi un effetto diverso a seconda dello stato emotivo nel momento in cui lo rievochiamo e verrà modificato in base al significato che di volta in volta gli attribuiremo.
Ogni individuo detiene un grande potere, ma anche una grande responsabilità
Abbiamo in primis una responsabilità verso noi stessi, poichè solo in un percorso di profonda conoscenza possiamo ambire alla realizzazione del nostro vero sé, che è l’unica forma di felicità stabile nel tempo.
“Hai scelto quel lavoro perché è ciò che ti appassiona nel profondo, perché dà spazio al tuo talento naturale? oppure l’hai scelto perché non sapevi che altro fare, perché ti paga uno stipendio, perché ti garantisce uno status, o ancora perché tua madre, padre, partner, capo, si aspettava che lo facessi?”
Viviamo un contesto culturale in cui l’educazione spinge all’omologazione, di sapere, di immagine, di pensiero, di cosa è buono e giusto, dove risulta intelligente chi è capace di adattarsi a costo di ignorare se stesso fino al punto di perdersi. Tendiamo troppo spesso a misurare il nostro successo in base a quanto rispecchiamo le aspettative esterne, guidati da un sottostante desiderio di approvazione e un’implicita paura del giudizio, spesso senza neanche rendercene conto.
Questo ci porta ad una delle distorsioni più subdole e pericolose a cui l’essere umano è soggetto: l’auto-menzogna. Ciò avviene quando, per proteggere l’idea che abbiamo di noi, tendiamo a proiettare sugli altri le cause dei nostri problemi, delle nostre difficoltà, senza riconoscere la nostra parte di responsabilità, o trovando alibi e giustificazioni a comportamenti disfunzionali e a situazioni stagnanti e nocive.
Spezzare questo meccanismo parte dal riconoscere il proprio “velo dell’illusione”.
Non possiamo avere il controllo degli eventi, che accadono al di la dei nostri piani e dei nostri desideri, ma più saremo in una connessione profonda con noi stessi più riusciremo a scegliere consapevolmente come stare nella nostra vita invece di essere condizionati dalle circostanze o da influenze esterne.
Cambiare se stessi per trasformare il mondo che viviamo
Essere consapevoli dei meccanismi che agiscono nel nostro inconscio è un atto di responsabilità che non riguarda solo il nostro benessere individuale, ma ha anche un impatto sul mondo che ci circonda.
Eckhart Tolle, ci invita a riflettere sul fatto che, se non evolviamo la struttura della nostra mente, finiremo sempre per ricreare lo stesso mondo, gli stessi mali, la stessa disfunzione.
Questo dal nostro punto di vista è vero rispetto ad ogni sistema di cui si fa parte. In SI FA! crediamo fortemente nella messa in gioco individuale. Siamo convinti che ognuno possa fare la differenza e contribuire all’intelligenza collettiva del contesto di appartenenza, che sia organizzativo, familiare o altro. In questo processo di reciproca contaminazione, che avviene al di la della nostra intenzionalità, maggiore è il grado di consapevolezza che il singolo porta, maggiore sarà l’impatto positivo del suo influenzamento sul sistema.
Che sia nella vita privata o professionale, siamo continuamente sollecitati ad intrecciare relazioni, scambi comunicativi, conoscenza, informazioni. Edgar Morin, a tale proposito, rappresenta la relazione come un insieme di vasi comunicanti, dove il bene e il male che facciamo agli altri lo facciamo a noi stessi. In questo sistema di relazioni, ogni nostra azione può influenzare ciò che ci circonda, sia in senso positivo che negativo, e a sua volta, ciò che accade nel mondo ritorna a modificare il nostro orizzonte esistenziale.
Tanto più siamo consapevoli di quali meccanismi governano la nostra mente, tanto più agiamo nella relazione in modo efficace e consapevole. Al contrario, più siamo veloci ad attaccare etichette verbali o mentali alle cose, alle persone o alle situazioni, più la nostra realtà diventa superficiale e piatta. Meno siamo consapevoli di noi stessi, più viviamo la vita come fosse un copione già scritto; dove interpretiamo gli stimoli e reagiamo ad essi secondo schemi di comportamento abitudinali e difensivi, orientati alla protezione di un falso sé, per mantenere uno status di apparente ed illusoria sicurezza.
“Quando sei in disaccordo con qualcuno, tendi a sorprenderti di come non possa capire il tuo punto di vista? a rafforzare la validità della tua verità, giustificandola con mille parole? a sentirti leso più o meno nel profondo?”
Le lenti attraverso cui filtriamo il mondo ci espongono al rischio di illusione ed errore; illusione, rispetto a ciò che pensiamo sia avvenuto nello scambio, errore, rispetto all’idea di realtà che ci siamo costruiti. Questo tende ad aumentare le distanze, l’incomprensione tra le persone e a generare dissenso e malessere. Esserne consapevoli ci impone un atteggiamento di apertura e umiltà nei confronti dell’altro, a esplorare con sincera curiosità il punto di vista che porta, anche quando distante dalla nostra visione, abbandonando l’obiettivo non dichiarato di screditarne la diversità.
Un cammino senza garanzie
“Le nostre paure sono draghi a custodia dei nostri tesori più preziosi.”
Reiner Maria Rilke
Affrontare le nostre paure più intime ci permette di scoprire aspetti di noi stessi che avevamo sepolto, ma che sono invece la chiave per una vita più ricca e soddisfacente.
Non esiste un percorso universale che guidi questo processo evolutivo e garantisca risultati certi. La consapevolezza di sé è il frutto di un lungo e paziente cammino di auto-riflessione, che implica la continua messa in discussione dei propri pensieri, pregiudizi ed emozioni. Questo processo non è mai lineare, né facile. Richiede il coraggio di osservare i propri errori, rimettere in gioco le proprie scelte di vita, anche quelle in apparenza di successo, di riconoscere le proprie debolezze e affrontare le proprie paure. Ma è anche un cammino che porta ad una vita più autentica, felice e allineata alla nostra vera essenza.
Concordo con Socrate quando afferma che il vedere se stessi è un vedere reciproco e plurale dove l’uno agisce come specchio dell’altro: "la conoscenza di sé porta fuori di sé".
Conoscere sé stessi non è un viaggio solitario, ma un incontro continuo con gli altri, che diventano specchi in cui possiamo osservare noi stessi da nuove angolazioni.
La vera conoscenza di sé, dunque, è un atto di scambio reciproco, che si nutre del dialogo. Solo nel confronto con l'altro possiamo sviluppare una visione più ampia, ricca di significati diversi e sempre in evoluzione.
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